Mufasa e Odoacre, una breve avventura ferroviaria [1]

PARTE 1

Mufasa Alkar Bareim ogni notte sogna l’Africa, la sua terra d’origine lontana, forse perduta, dove un tempo correva assieme ai suoi fratelli. Sogna l’aria senza smog, il silenzio, la notte sotto un cielo stellato. Era arrivato un anno prima, in clandestintià, nascosto tra scatole di pesce marcio, ma ogni notte i suoi sogni lo riportano nel Continente Nero, nel solo posto che chiama casa.

Oroacre Malfetti sogna unicamente due cose. Tette grosse e calcio.
Nei suoi sogni erotici vi è Ronaldo, nudo e con le tette di Moana Pozzi mentre lui è l’allenatore. Ogni volta che si corica nel letto, sotto al benevolo sguardo della poster di San Silvio Da Arcore, Odoacre si immagina un universo dove Figa e Calcio sono il solo Verbo.

Mufasa ha un QI superiore alla media, sa contare, ragionare, creare utensili. Nonostante i suoi fratelli lo considerassero diverso, troppo evoluto per loro, quasi arrogante, era parte del branco, era uno di loro.
Odoacre vanta una laurea in Lingue, comprata in Moldavia; in quarant’anni ha preso in mano un solo libro, l’autobiografia di Zanetti. Legge solo giornali che parlino di calcio e ripega su Novella 2000 per tenersi aggiornato sul mondo. Riesce a dire “arbitro cornuto” per 10 volte di fila senza errori, conosce tutto sul Grande Fratello e Belen è la sua musa, la sua magistra vitae.

Mufasa è un babbuino, aveva tre anni quando fu catturato e portato in Italia per poi finir prigioniero in una gabbia sporca di feci e paglia.
Odoacre è un dirigente di Trenitalia, piazzato lì dal padre consigliere comunale, come ricompensa per un favore fatto ad un assessore locale in odore di camorra.

Domenica 15

Mufasa, come tutti i giorni, fu svegliato da un assordate “vaffanculo”.
Il suo carceriere, un fanatico sostenitore del Movimento 5 Stelle che sogna il giorno della liberta dalla Kasta mentre manda nel cyberspazio messaggi incitanti alla rivolta contro al Nuovo Ordine Mondiale, costringeva il babbuino alla visione integrale dei comizi di Beppe Grillo. Ogni giorno per un anno.
Nessuno seppe mai cosa accadde con esattezza, ma al 932mo “vaffanculo”, un interruttore scattò nel suo cervello di Mufasa.
L’improvvisa consapevolezza di dover scappare lontano,tornare in Africa, oppure presto avrebbe votato Movimento 5 Stelle anche lui.
Il suo guardiano si era assopito durante la visione di documentario polacco sulle scie chimiche, lasciando aperta la gabbia di Mufasa. Ecco il momento. Con cautela, Il babbuino, scivolò fuori, reprimendo la voglia di correre, tenendo a bada il primordiale istinto di ruggire al mondo che lui era libero, che non era lo schiavo di nessuno e, con terrore, si accorse di voler anche urlare “vaffanculo”.
Si schiaffeggiò il volto con le sue grosse zampe, no, il condizionamento non avrebbe avuto la meglio.
Controllò il corridoio.
Nessuno.
Un passo.
Un altro.
Un altro ancora, la finestra, la fuga.
Il suo cuore stava battendo all’impazzata. Un piccolo sforzo, un balzo, i cardini che ruotano cigolando, l’aria fredda si,si, si era fatta, libertà. Era libero.
Dalla Kast..cazzo.

A pochi kilometri di distanza, presso la Stazione, Odocare era assorto della Gazzetta dello Sport mentre fagocitava una brioches
«FaFFo eFa FiGore» boffonchiò  con la bocca piena, spargendo crema all’albicocca sul tavolo.
«Come scusi?» domandò il ragazzo, da poco assunto, mentre controllava il pannello degli scambi ferroviari
«Fi, eFa FiGore, la palla eFa Fontana» altra crema a schizzare sul tavolo.
«Bhe io non seguo il calcio sa…» rispose il giovane cercando di completare il suo lavoro.
Odoacre lo guardò con disgusto.
«Sei un comunista quindi» disse, guardandolo di traverso «Come dice Silvio, figa e calcio ci rendono uomini ma i tuoi compagni con la falce e martello preferiscono altre cose, lo so».
«Veramente non credo che le mie idee politiche abbiano importanza, è solo che il calcio non mi piace, ecco tutto» mormorò con umiltà il neo assunto
«E poi la magistratura comunista vorrebbe che tutti giocassimo a…» la frase rimase in sospeso, a cosa giocavano i comunisti? «A giocare a…» il suo cervello era in blackout ma doveva dire qualche cosa « Ecco…giocassimo con le tette piccole. AH! Siete tutti uguali » sbuffò. Avrebbe voluto licenziare quel ribelle, sicuramente di qualche centro sociale, ma poi i sindacati, altro organo di fanatici delle tette piccole rosse, avrebbero piantato in piedi chissà che casino, gridando al complotto politico.
«Quindi sei anche un gayofobo» sentenziò Odoacre, aprendo TuttoSport e lanciando un’occhiata al suo assistente
«Come dice? Cosa sarebbe un…gayofobo?» il giovane lo fissò perplesso
«Ma si dai, quelli come te, comunisti, tette piccole, vi toccate tra uomini durante il culo-pride»
«Guardi, non la seguo…» commentò il ragazzo cercando di capire qualche cosa di quell’assurdo discorso
«Oh fai anche il risevato e superiore, il radical-pinch, ma certo, e magari ora mi dirai che hai anche una Laura»
«Laurea…sì…in astrofisica»
Odoacre lo guardò dubbioso. Astrofica? Di sicuro qualche altra cosa inventata dalle toghe rosse. Meditò di chiamare Papì in comune per chiedere la sostituzione di quell’insubordinato arrogante comunista fissato con le tette piccole e astrofica, qualunque cosa fosse.

Nel frattempo, nascosto in una piccola strada dissestata, Mufasa stava elaborando il suo piano.
Sull’asfalto, usando un pezzetto di gesso trovato nella spazzatura, aveva scarabocchiato gli elementi chiave per il suo successo.
Primo, nutrimento. Doveva trovare cibo.
Secondo, riparo. Una grotta, un albero.
Terzo, avrebbe guidato la rivolta, marciato su Roma e aperto il Parlamento come una scatola di tonno.
Guardò la scritta, digringò i denti mostrando le zanne. Cazzo, fottuto programma di lavaggio del cervello. Cancellò la riga dove parlava di tonno e scarabocchiò un simbolo che per lui significava “Africa“.
Saltò da un tetto all’altro, tenendosi basso, fino a che raggiunse un piccolo boschetto a ridosso della linea ferroviaria. Perfetto. Qui poteva essere al sicuro. Aveva anche del cibo visto un Mc Donald poco lontano.
“VAFFANCULO” riusonò nella sua mente. No cazzo no, no resisti Mufasa, è il programma, non cedere. Lanciò un sasso contro ad un albero.
Cibo, riparo, Africa. Doveva attenersi a questo.
Il babbuino fuscosso dai suoi pensieri dal rumore di un treno che sfrecciava poco distante. Un treno, ecco la chiave di volta per la sua fuga. Un treno si, poteva saltare su un treno, su un altro ancora e ancora, raggiungere il mare, una nave e poi l’ Africa. Certo era un paiano estremamente semplice, utopistico anche ma in cuor suo sentiva che avrebbe avuto successo.  Sarebbe tornato a casa, avrebbe erudito i suoi fratelli sui pericoli del signoraggio, le sirene e…«GRAAAAGGG» ruggì violentemente. Resisti Mufasa, resisti, non esistono le sirene cazzo. Nascose le sue feci in una buca nel terreno, sgranocchiò avanzi del McDonald e meditò, cercò di ritrovare calma. Maledetto programma, maledetto condizionamento, maledetto Gruppo Bilderberg.

[Continua…]